I Lumiére cominciarono ben presto a capire che non avrebbero potuto limitarsi a riprodurre la realtà per continuare ad interessare il pubblico una volta superato il primo impatto e la prima impressione. Così iniziarono a fare i primi esperimenti per offrire qualcosa di più: con “L’Innaffiatore Innaffiato”, i fratelli Lumière provarono a raccontare una piccola storiella e così nacque, forse, il primo film comico.
Intanto per la prima volta ha luogo fra i personaggi un’interazione, un contatto e nasce un reciproco rapporto di “causa ed effetto”. Per la prima volta possiamo parlare di personaggi e si mette in evidenza la dimensione dell’interpretazione. Il luogo è reale, c’è un giardiniere intento ad annaffiare, ma interviene un’altra figura: il bambino che decide di fare il monello e il dispettoso interpretando una parte e creando così una piccola situazione comica. Il bambino, senza farsi notare, schiaccia il tubo dell’innaffiatoio per impedire che l’acqua fuoriesca, per poi rilasciarlo improvvisamente in modo che il flusso riprenda inaspettatamente e bagni il giardiniere ignaro.
Il filmino ci permette di fare un’ulteriore considerazione rispetto alla regola ferrea: ciò che sta fuori dell’inquadratura è come non esista. Infatti si nota che il giardiniere ferma il bambino proprio un momento prima che esca dal quadro. Ancora una volta tutta la scena si sviluppa in un’unica inquadratura in cui, fra l’altro, si esaurisce la storia.
In questo filmino viene applicata un’altra regola: ogni azione deve essere ben visibile allo spettatore. Si vede il giardiniere che afferra il bambino e lo trascina in primo piano affinché si possa vedere che lo sculaccia. Mostrare questa azione lontana e in profondità di campo non sarebbe stato efficace e lo spettatore non avrebbe potuto vedere la somministrazione della punizione. In questo modo si sottolinea il ruolo svolto dallo spettatore nella rappresentazione cinematografica. Il regista mette in scena, decide chi entra e chi esce e come si devono muovere i vari personaggi, pensando a come la scena stessa possa e debba essere percepita dallo spettatore, che è appunto colui per il quale viene costruita la rappresentazione.